Fatah è un contadino che vive con la moglie e due figlie in un piccolo villaggio dell’Algeria. La sua passione è l’unica mucca che ha: Jacqueline. Da anni chiede di poter concorrere con lei al Salone dell’Agricoltura di Parigi e finalmente la sua costanza viene premiata: riceve l’invito. Messi insieme, con l’aiuto dei compaesani, i soldi necessari per la traversata e la sussistenza Fatah e Jacqueline partono. L’idea è quella, una volta sbarcati a Marsiglia, di raggiungere Parigi a piedi. Il viaggio ha inizio.
Il cinema francese ha nella propria storia di prodotti destinati al più vasto pubblico un film che molti ricordano per le risate ma anche per la commozione.
Una mucca come compagna di viaggio.
Fatah è un contadino di un piccolo paese algerino ed è molto attaccato alla propria mucca Jacqueline. Il suo sogno è quello di farla partecipare al Salone dell’Agricoltura di Parigi così, quando finalmente arriva l’invito tanto desiderato, convince la moglie e i suoi compaesani ad aiutarlo e parte in traghetto alla volta di Marsiglia deciso ad attraversare la Francia a piedi insieme a Jacqueline. Il viaggio di Fatah si trasforma ben presto in una grande avventura fatta di incontri sorprendenti, imprevisti e nuove amicizie.
In Patria è riuscito a ottenere grandi consensi sia al festival della commedia de l’Alpe d’Huez (dove ha trionfato ottenendo un doppio riconoscimento), sia dal pubblico delle sale, che lo ha premiato con oltre un milione di biglietti venduti e con un inatteso passaparola. In viaggio con Jacqueline si presenta dunque con l’aura del vero e proprio caso cinematografico capace di convincere attraverso la semplicità della scrittura e la contagiosa naïveté dei suoi interpreti. Una vicenda che mescola la struttura del road-movie con i toni brillanti della commedia interculturale, ma che non nasconde riferimenti più o meno evidenti al cinema (da La vacca e il prigioniero di Henri Verneuil, omaggiato esplicitamente con una sequenza, a Little Miss Sunshine o a Una storia vera di David Lynch) e alla letteratura illuminista francese. Se infatti sono le stesse dichiarazioni del regista a chiamare in causa le Lettere persiane di Montesquieu come fonte d’ispirazione, nel personaggio di Fatah vi è più di qualche tratto che richiama anche il Candidedi Voltaire.
Prodotto da Olivier Nakache e Eric Toledano (la coppia di registi di Quasi amici), il film del regista franco-algerino Hamidi se da una parte è incentrato su un plot esile e fa un largo uso di situazioni e gag assai frequentate, dall’altra ha nella sincerità con cui costruisce i propri personaggi e nella loro genuina purezza il proprio punto di forza. Una commedia dunque non memorabile, ma alla cui leggerezza sarà difficile resistere.